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Fac Simile Lettera di Incarico per Trasferta Dipendente Word e PDF

Aggiornato il 28/03/2025

In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile lettera di incarico per trasferta dipendente Word e PDF editabile da compilare e stampare.

Si tratta di un fac simile che può essere utilizzato come esempio di lettera di incarico per trasferta dipendente.

Lettera di Incarico per Trasferta

La lettera di incarico per la trasferta di un dipendente è un documento che riveste un ruolo strategico nell’organizzazione aziendale, visto che disciplina in modo chiaro le modalità con cui un lavoratore, assunto con una sede di lavoro ben definita, si sposta temporaneamente in un luogo diverso da quello indicato nel suo contratto. L’attenzione alla sede lavorativa è un aspetto centrale sin dal momento dell’assunzione, tanto che il contratto individuale di lavoro deve specificare il luogo in cui la prestazione verrà eseguita. Questo elemento, però, può subire variazioni nel corso del rapporto lavorativo in ragione di mutate esigenze aziendali, talvolta di carattere tecnico, talvolta organizzativo o produttivo. Se tale modifica è definitiva, si parla di trasferimento e la legge stabilisce che esso può avvenire solo se supportato da motivazioni concrete, come disposto dall’articolo 2103 del Codice Civile, che vieta al datore di lavoro di trasferire un dipendente da una unità produttiva a un’altra in assenza di valide ragioni tecniche, organizzative o produttive. Quando, invece, lo spostamento ha carattere temporaneo, si parla di trasferta.

La trasferta è, dunque, un fenomeno in cui un lavoratore risulta distaccato in via eccezionale presso un’altra sede, mantenendo tuttavia come ufficiale la sede originariamente prevista dal contratto. Si crea così una situazione in cui il dipendente, pur continuando a mantenere il proprio inquadramento e le proprie condizioni contrattuali di base, viene inviato dal datore di lavoro a prestare attività altrove, per un tempo più o meno limitato, in base alle esigenze aziendali. Proprio perché la trasferta è temporanea, il lavoratore conserva il diritto a una serie di tutele, tra cui il rimborso delle spese di viaggio, di vitto e di alloggio, nonché eventuali indennità supplementari previste dalla contrattazione collettiva. Questo trattamento differenzia la trasferta dal trasferimento, dove invece la sede di lavoro si considera definitivamente modificata e diviene quella presso cui il lavoratore fornisce stabilmente la prestazione.

I contratti collettivi disciplinano, in genere, le modalità con cui il dipendente è chiamato a svolgere la trasferta. Il datore di lavoro predispone una lettera di incarico che descrive con precisione i parametri della missione lavorativa fuori sede: sono solitamente indicati il luogo o i luoghi in cui il lavoratore dovrà recarsi, la durata presunta, le mansioni da svolgere e i criteri di rimborso per le spese sostenute. Queste ultime possono essere riconosciute mediante diverse forme: il rimborso forfettario, quello analitico oppure la modalità mista. Nel rimborso forfettario, il lavoratore riceve una somma giornaliera prestabilita, di importo variabile a seconda che la trasferta sia nazionale o estera; nel rimborso analitico, invece, deve conservare e presentare all’azienda tutti i giustificativi delle spese (scontrini, fatture, biglietti di viaggio, ricevute per il vitto e l’alloggio). La terza opzione, il cosiddetto rimborso misto, prevede invece una combinazione tra le due modalità: alcuni tipi di spesa, come il vitto e l’alloggio, sono rimborsati a piè di lista (ossia sulla base dei costi effettivamente sostenuti), mentre altri costi secondari possono essere riconosciuti con una quota fissa.

La lettera di incarico è fondamentale anche per definire le condizioni di legittimità della trasferta. Il dipendente, infatti, ha diritto a conoscere in anticipo la finalità della missione, le tempistiche e i possibili risvolti sul piano logistico. Tra l’altro, se la trasferta riguarda uno spostamento in un comune diverso da quello indicato come sede principale, è su quella base che si calcola il diritto ai rimborsi. Se, invece, il lavoro si svolge nello stesso comune e non è previsto alcun reale allontanamento, non scattano le tutele aggiuntive previste per la trasferta, poiché non si concretizza un effettivo disagio per il lavoratore.

Nel caso in cui la posizione del dipendente in rapporto al luogo di lavoro non sia definita da un’unica sede, bensì implichi una mobilità costante, non si parla più di trasferta. In questo scenario, ci si trova di fronte al trasfertismo, cioè una condizione in cui il lavoratore non ha una sede fissa nel contratto e la sua prestazione è per natura itinerante. La legge ha sentito il bisogno di chiarire questa distinzione, poiché in passato si creava confusione e potevano verificarsi contenziosi legati al riconoscimento degli importi aggiuntivi di indennità o al rimborso delle spese di viaggio. È intervenuto l’articolo 7-quinquies del Decreto Legge 193/2016 (convertito nella legge 225/2016) che ha fornito un’interpretazione autentica della materia, specificando quali requisiti debbano ricorrere per qualificare un lavoratore come trasfertista. In primo luogo, nel suo contratto non deve essere indicata alcuna sede di lavoro; in secondo luogo, la sua attività comporta spostamenti continui; infine, la corresponsione di un’indennità aggiuntiva deve prescindere dal numero di missioni effettuate. L’Inps, con la circolare n. 159 del 2019, ha ribadito questi concetti, ponendo in evidenza che chi possiede tali requisiti non può godere delle tradizionali regole in materia di trasferta, poiché la natura del proprio lavoro implica un continuo cambiamento di luogo. Quando l’azienda, invece, ha chiaramente indicato nel contratto una sede di lavoro e soltanto per motivi gestionali e organizzativi chiede al dipendente di prestare attività altrove per un periodo limitato, occorre procedere con la predisposizione di una lettera di incarico. In essa vengono riportati tutti i riferimenti utili a tutelare sia il datore di lavoro sia il dipendente: la data in cui prende avvio la trasferta, la previsione di durata massima, le ragioni aziendali che impongono lo spostamento, l’indicazione della struttura o del cliente presso cui si svolgerà l’attività, i riferimenti eventuali a colleghi o referenti di progetto, la specifica delle spese che saranno rimborsate e le modalità di rendicontazione. In caso di particolari esigenze, si possono menzionare vincoli e responsabilità che il lavoratore deve rispettare, come il rispetto di norme di sicurezza specifiche o di procedure interne di registrazione delle attività svolte fuori sede.

La lettera di incarico risulta altrettanto utile al momento del controllo e della rendicontazione delle spese. Il dipendente, infatti, deve presentare una nota spese in cui riepiloga i costi sostenuti e allega i relativi documenti giustificativi. Tra questi possono esserci biglietti aerei o ferroviari, ricevute di taxi o di mezzi pubblici, fatture di alberghi o ristoranti e scontrini per pranzi e cene. Tutto il materiale dev’essere coerente con i dati della lettera di incarico, in termini di date, di località e di orari di viaggio, così da evitare contestazioni di incongruenza. Talvolta, infatti, può accadere che la mancanza di un titolo di viaggio intestato al dipendente o che riporti orari non compatibili faccia sorgere dubbi sull’effettivo svolgimento della trasferta. È quindi buona prassi, da parte del datore di lavoro, raccomandare al dipendente di conservare con cura ogni documento e di organizzarlo in modo chiaro e completo al fine di agevolare l’ufficio amministrativo nell’analisi dei costi. La lettera d’incarico può anche disciplinare l’uso del veicolo privato del dipendente. Se l’azienda autorizza l’utilizzo del mezzo personale, occorre stabilire se siano previsti rimborsi chilometrici e, in tal caso, come debbano essere calcolati. In conformità alla circolare n. 326/E, la società deve tenere traccia, al momento della liquidazione, del tipo di autovettura impiegata, del costo chilometrico associato e dell’effettiva distanza percorsa. Non è necessaria un’autorizzazione scritta preventiva per il singolo viaggio, ma resta obbligatorio che tutti i dati utili alla determinazione del rimborso emergano dalla documentazione interna. La lettera di incarico, in tal senso, chiarisce sin dall’inizio in quali circostanze il dipendente possa decidere di utilizzare la propria automobile e come verrà compensato per il carburante e l’usura del mezzo.

Oltre a essere un atto pratico, la lettera di incarico costituisce anche uno strumento di tutela legale, perché delimita con trasparenza i contorni della trasferta, evitando contestazioni future. Il datore di lavoro, con un simile documento, dimostra di avere agito correttamente, informando il dipendente sui motivi dello spostamento, sulle condizioni economiche e sulle disposizioni organizzative. Allo stesso tempo, il lavoratore ottiene certezza riguardo alle indennità, ai rimborsi e ai tempi di permanenza fuori sede, conservando la possibilità di esprimere eventuali perplessità o di richiedere modifiche e chiarimenti prima di accettare la missione. Visto che la sede di lavoro rappresenta un diritto contrattuale del dipendente, ogni variazione, anche se temporanea, merita la massima attenzione. Il lavoratore, infatti, sceglie di stipulare un contratto anche sulla base della località in cui dovrà prestare servizio. Uno spostamento non concordato o imposto senza sufficienti ragioni rischia di innescare reazioni negative e, in casi estremi, un contenzioso in ambito giuslavoristico. La lettera di incarico ha, quindi, la funzione di formalizzare un mutuo accordo tra le parti sulla trasferta, contenendo eventuali tensioni e facendo emergere anticipatamente dubbi o questioni che potrebbero degenerare in un secondo momento.

Lettera di incarico per trasferta
Lettera di incarico per trasferta

Fac Simile Lettera di Incarico per Trasferta Word

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