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Fac Simile Autorizzazione Condominiale per Lavori Privati Word e PDF

Aggiornato il 24/01/2025

In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile autorizzazione condominiale per lavori privati Word e PDF editabile da compilare e stampare.

Autorizzazione Condominiale per Lavori Privati

L’autorizzazione condominiale per lavori privati è un tema che interessa da vicino chiunque abbia intenzione di ristrutturare il proprio appartamento senza incorrere in contestazioni, limitazioni o divieti imposti dal condominio. La necessità di informare l’amministratore o l’assemblea prima di sostituire le mattonelle del bagno, rivedere l’impianto idraulico o modificare l’assetto di alcune pareti interne, può sorgere ogni volta che ci si accinge a progettare interventi che comportano inevitabili rumori, utilizzo degli spazi comuni e, soprattutto, la possibilità di trasportare materiali e detriti attraverso l’ascensore o le scale. Chiunque abbia avuto a che fare con ristrutturazioni domestiche sa bene che la polvere e la sporcizia finiscono spesso per depositarsi sul pianerottolo, sull’androne e, in generale, in tutti gli spazi condivisi, esponendo il condomino committente ai reclami dei vicini, i quali potrebbero sentirsi disturbati oltre la normale tollerabilità. Sorge allora la domanda se sia necessario ottenere un permesso formale dall’amministratore o una delibera favorevole dell’assemblea, oppure se sia sufficiente un avviso di cortesia per segnalare l’inizio delle opere.

Il Codice civile offre alcune risposte fondamentali in merito, stabilendo, anzitutto, che i singoli proprietari hanno il diritto di eseguire interventi di natura edilizia o di ammodernamento all’interno della propria unità immobiliare, a condizione che tali lavori non rechino danno all’edificio o alle parti comuni e non compromettano la stabilità, la sicurezza e il decoro architettonico dello stabile. Il riferimento normativo è l’Art. 1122 cod. civ. Quest’ultimo vieta esplicitamente ogni opera che possa mettere a rischio l’integrità del fabbricato, oltre che il suo aspetto estetico. Si comprende così che, se da una parte il singolo condomino è libero di sostituire tubi ormai obsoleti, piastrelle danneggiate e infissi consumati dal tempo, dall’altra potrebbe incorrere in limiti se si tratta di un intervento destinato a modificare l’estetica dell’edificio o a ridurne la stabilità strutturale. Un esempio classico consiste nella chiusura del balcone per creare una veranda, quest’operazione è lecita soltanto se non altera in modo significativo il prospetto esterno e, dunque, il decoro architettonico; diversamente, l’assemblea o i singoli condomini potrebbero contestare la modifica. In modo analogo, la soprelevazione di un piano potrebbe essere vietata perché influirebbe sensibilmente sulla struttura e sulla linea architettonica del palazzo.

Il timore di molti proprietari è che, al semplice annuncio dei lavori, l’assemblea possa vietare tout court l’inizio di qualunque intervento rumoroso o invasivo. Questo timore deriva dalla percezione che l’assemblea condominiale abbia un potere illimitato su tutto ciò che avviene nell’edificio. Però, come ha sottolineato anche il tribunale di Milano, Trib. Milano, sent. n. 7/2019, l’assemblea non può disporre in modo arbitrario di ciò che avviene nelle proprietà private dei singoli, ma può intervenire soltanto se le opere interferiscono con i beni comuni o con elementi strutturali. Se, per esempio, si decide di eliminare un pilastro portante per guadagnare spazio e sostituirlo con una trave in acciaio inserita a soffitto, la rilevanza dell’intervento non riguarda solo lo spazio interno di chi lo esegue, ma l’intera stabilità dell’edificio. Di conseguenza, in tale caso l’assemblea può legittimamente pronunciarsi per bloccare il progetto se sussiste il rischio di pregiudizio per la costruzione o di alterazione estetica irreversibile. In ogni altra ipotesi, in cui l’intervento resti circoscritto alle aree interne e non abbia ripercussioni dannose sui beni comuni o sulla struttura, l’assemblea non possiede il potere di imporre divieti o di pretendere un vero e proprio permesso.

La normativa civile, sempre all’Art. 1122 cod. civ. già citato, prevede che il proprietario che intende avviare i lavori avverta l’amministratore, il quale a sua volta dovrà informare l’assemblea dell’imminente esecuzione delle opere. Questa regola non va interpretata in modo assoluto, se l’intervento, per la sua natura, non comporta rischi o ripercussioni sulle aree comuni (si pensi alla semplice sostituzione degli infissi interni o di un pavimento che non implica alcuna modifica strutturale o estetica rilevante), si ritiene che non sia necessaria una comunicazione formale, nonostante un avviso di cortesia possa sempre contribuire a mantenere buoni rapporti con i vicini. Non bisogna invece dimenticare la forza del principio del buon senso, che spinge comunque a informare l’amministratore quando ci si aspetta la produzione di detriti o polveri da trasportare nelle parti comuni, oppure se si interviene su impianti vecchi che, con la loro sostituzione, potrebbero comportare piccoli disagi o brevi interruzioni del servizio idrico. Così facendo si evita di sollevare sospetti o polemiche; l’amministratore, ricevuta notizia dei lavori, provvederà a metterne al corrente l’assemblea. Tale comunicazione, peraltro, non rappresenta un nullaosta e non richiede alcun voto favorevole: costituisce piuttosto un semplice atto informativo, finalizzato a garantire la trasparenza.

In molti condomìni è presente un regolamento che disciplina orari di silenzio, modalità di uso delle parti comuni e, talvolta, introduce limitazioni più rigorose relative alla realizzazione di opere edilizie. Esistono due tipologie di regolamento condominiale: quello assembleare, approvato a maggioranza in sede di riunione, e quello contrattuale, generalmente predisposto dal costruttore o dal venditore iniziale dell’immobile e poi accettato dai singoli proprietari al momento dell’acquisto. Per essere efficace nel limitare diritti individuali sulle proprietà esclusive, il regolamento deve essere stato accettato all’unanimità. Non basta, quindi, una semplice maggioranza. Se si tratta di un regolamento contrattuale, la volontà comune di tutti i condomini può anche risultare dall’avere sottoscritto l’atto di acquisto contenente il testo delle regole, anche se la firma di ciascun singolo avviene in tempi diversi. Se nel regolamento compare una clausola estremamente dettagliata che vieta, ad esempio, la modifica della forma delle finestre, la chiusura dei balconi o il cambio della destinazione d’uso di particolari locali, tale divieto può risultare valido e vincolante per tutti. Se, invece, il regolamento si limita a formulare previsioni generiche, senza descrivere in modo espresso e specifico l’attività non consentita, non potrà essere utilizzato per bloccare legittime iniziative del condomino.

Un aspetto delicato e spesso foriero di tensioni con i vicini è quello legato al rumore. Durante una ristrutturazione, soprattutto se coinvolge il rifacimento di pavimenti, impianti idraulici e impianti elettrici, l’utilizzo di martelli pneumatici e trapani può diventare una fonte di forte disagio per i vicini di casa, specie se tra loro vi sono persone anziane, bambini piccoli o soggetti che lavorano da casa. L’Art. 844 cod. civ. stabilisce il principio generale secondo cui non bisogna superare la normale tollerabilità delle immissioni rumorose. La giurisprudenza ammette però che i lavori di ristrutturazione, per loro natura, possano superare temporaneamente questa soglia, poiché sono interventi necessari che non possono essere condotti in assoluto silenzio. L’unico limite concreto è dato dall’obbligo di evitare di svolgere attività particolarmente rumorose in orari notturni o durante le fasce di riposo più sensibili, di solito la prima fascia mattutina e quella postprandiale. Alcuni regolamenti condominiali indicano con precisione gli orari in cui è possibile adoperare strumenti rumorosi. In assenza di regole specifiche, un criterio suggerito è di evitare di prolungare i rumori dalle sette di sera alle sette e mezzo del mattino seguente, e, se possibile, di astenersi da lavori invasivi anche nel primo pomeriggio, in modo da ridurre al minimo i disagi.

Chi si appresta a iniziare delle opere in casa può decidere di preavvisare i propri vicini, oltre che l’amministratore, con una comunicazione scritta. In questo modo si dimostra trasparenza e attenzione verso la comunità condominiale, evitando, per quanto possibile, i malumori. Nonostante il Codice civile, come si è detto, non prescriva in modo tassativo la necessità di comunicare sempre tutto, trasmettere una breve nota in cui si specifica la data di inizio lavori, la durata presunta e la natura degli interventi rappresenta una buona pratica. La comunicazione può contenere l’assicurazione che si farà quanto possibile per mantenere pulite le scale, l’ascensore e gli altri spazi di passaggio, oltre che l’impegno a limitare i rumori alle fasce orarie consentite.

Può accadere che alcuni condomini, infastiditi dalla prospettiva di subire qualche disagio, cerchino di far valere un presunto diritto di veto in assemblea. Bisogna tuttavia ricordare che l’assemblea non può vietare lavori che non incidano su parti comuni o sulla struttura, né può imporre un blocco generalizzato solo perché i rumori sono percepiti come sgradevoli. Naturalmente, se l’intervento previsto risulta palesemente idoneo a danneggiare l’edificio, a ridurre la sua stabilità o a comprometterne l’estetica, in quel caso l’assemblea, una volta informata dall’amministratore, può legittimamente richiedere maggiori chiarimenti, fino a pretendere che il condomino si adegui a soluzioni tecniche meno invasive, in modo da salvaguardare l’interesse comune. È dunque essenziale, prima di programmare modifiche più incisive, affidarsi a professionisti (geometra, ingegnere, architetto) che rilascino perizie o progetti idonei a dimostrare l’assenza di rischi per la collettività.

Non bisogna infine dimenticare che la cortesia e la disponibilità sono spesso la miglior arma per superare ogni ostacolo: parlare in anticipo con i condomini, spiegare loro che il rumore sarà limitato al tempo strettamente necessario e che, alla fine, l’unità immobiliare risulterà più sicura e ordinata, aiuta a ridurre i contrasti. Anche i condomini più severi, compresi coloro che soffrono in modo particolare il disturbo sonoro, vedranno di buon occhio l’atteggiamento trasparente di chi non nasconde i propri progetti e si preoccupa di ridurre al minimo i disagi. Del resto, dietro ogni porta ci sono persone con le stesse esigenze di pace e sicurezza, e spesso basta un dialogo chiaro per raggiungere un compromesso soddisfacente per tutti.

Si può quindi concludere che i lavori in casa di natura privata sono perfettamente legittimi nei limiti della legge, purché non ledano i diritti altrui e non comportino pregiudizio per le parti comuni o l’estetica complessiva dell’edificio. L’assemblea non può stabilire divieti assoluti se non quando l’opera invada o modifichi beni collettivi o incida su elementi portanti. L’amministratore non rilascia permessi, ma deve essere informato quando gli interventi possano impattare il palazzo in termini di strutture, facciate, rumore, trasporto di detriti o utilizzo dell’ascensore. Il regolamento di condominio, se approvato all’unanimità, può introdurre limiti più stringenti, ma soltanto se specificati con chiarezza. Infine, il rispetto degli orari di riposo e la cortesia nella gestione degli spazi comuni rappresentano il modo migliore per ridurre i contrasti e realizzare con serenità le ristrutturazioni necessarie all’interno della propria abitazione.

Autorizzazione Condominiale per Lavori Privati
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