In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile denuncia di nuova opera Word e PDF editabile da compilare e stampare.
Si tratta di un fac simile che può essere utilizzato come esempio di denuncia di nuova opera.
Denuncia di Nuova Opera
La denuncia di nuova opera, disciplinata dall’articolo 1171 del Codice Civile, rappresenta uno strumento di tutela fondamentale per chi gode di un diritto reale o di possesso su un determinato bene e si trova davanti all’inizio di lavori edilizi potenzialmente lesivi. Il legislatore ha inteso salvaguardare il proprietario, il titolare di un diritto reale di godimento o il possessore dalla possibilità di subire un danno, anche solo temuto ma non ancora effettivo, a fronte di un intervento architettonico o costruttivo in corso su un fondo proprio o altrui. L’obiettivo principale è quello di fornire un presidio giuridico a chi ritenga che l’esecuzione di una nuova opera possa comportare rischi o pregiudizi non ancora manifesti, evitando così che, al termine dei lavori, ci si debba rivolgere a rimedi legali ancora più complessi, come l’abbattimento o la rimozione di quanto già edificato.
Per comprendere l’ambito di applicazione di questo rimedio, occorre innanzitutto chiarire la natura della condizione che lo legittima: l’opera dev’essere effettivamente nuova e non ancora ultimata. Il Codice Civile stabilisce che non si possa ricorrere alla denuncia di nuova opera se i lavori sono già conclusi o se è trascorso più di un anno dal loro inizio. Questa limitazione temporale ha un duplice scopo. Da un lato, intende favorire interventi rapidi e urgenti, che evitino un danno prossimo a concretizzarsi; dall’altro, impedisce che l’azione venga utilizzata con eccessivo ritardo, quando i lavori sono giunti a uno stadio tale da dover necessariamente ricorrere a strumenti diversi, come un’azione di riduzione in pristino, per far rimuovere ciò che è stato realizzato illecitamente o in violazione di diritti altrui.
La norma specifica con chiarezza che la legittimazione attiva riguarda il proprietario, il titolare di un diritto reale di godimento (come l’usufruttuario, l’enfiteuta o il titolare di servitù) e il possessore. La ragione di questa estensione è che non soltanto il proprietario gode di un interesse diretto a evitare danni sul bene di cui ha la titolarità. Anche il possessore, nonostante non abbia un titolo di piena proprietà, esercita di fatto un potere sul bene e ha quindi diritto a essere protetto dalle iniziative di terzi che possano incidere in modo negativo sulla cosa stessa. Inoltre, la legge riconosce il medesimo potere d’azione al compossessore, nel caso in cui la cosa sia detenuta congiuntamente da più soggetti, e persino quando sia presente un amministratore formale del bene comune che rimanga inerte. Si evita, così, che l’inerzia di chi amministra possa pregiudicare la difesa del compossessore, il quale, se non potesse agire, si troverebbe sprovvisto di tutela nel momento in cui insorga un rischio alla cosa condivisa.
Dal punto di vista della legittimazione passiva, il destinatario dell’azione è colui che, in modo volontario, ha intrapreso l’opera incriminata, indipendentemente dal fatto che ne sia il proprietario effettivo. Ciò che rileva è piuttosto la responsabilità di chi decide di avviare i lavori sul proprio fondo o su quello altrui, assumendosi l’iniziativa e i potenziali effetti che ne conseguono. È dunque possibile che il soggetto passivo non sia il proprietario ma, per esempio, l’appaltatore, se è lui a realizzare concretamente i lavori e a determinare le modalità costruttive ritenute dannose da chi agisce in via di denuncia. In questo modo, la legge cerca di individuare l’effettivo soggetto che sta incidendo sulla realtà esterna e che, con la propria condotta, potrebbe provocare un pericolo.
Il pericolo paventato, però, non deve ridursi a un timore infondato. Il Codice Civile, sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, specifica che il timore di danno debba essere ragionevole, ossia basato su circostanze concrete e oggettivamente riscontrabili. Non è necessaria una lesione già in atto, in quanto l’azione intende prevenire il danno e agisce in funzione cautelare. Ciò significa che l’intervento del giudice può avvenire a fronte di un probabile pregiudizio futuro, il cui rischio emerga da elementi reali, come la tipologia di lavori in corso, la loro localizzazione, la pericolosità geologica del terreno o l’inosservanza di norme edilizie e urbanistiche. L’aspetto centrale è dunque la ragionevolezza dell’allarme, che non può semplicemente fondarsi su timori soggettivi o su una pura speculazione.
Un’ulteriore caratteristica di grande rilievo è l’intervento del giudice in due fasi. La prima fase, definita sommaria o cautelare, serve a garantire un intervento rapido e provvisorio; in questa sede, il magistrato, esaminate le circostanze di fatto, può disporre la sospensione immediata dei lavori o autorizzarne la prosecuzione a determinate condizioni. Qualora ci sia un rischio consistente, si evita così che l’opera prosegua sino a rendere impossibile o troppo onerosa una futura demolizione o una riduzione in pristino. Concedendo una misura di salvaguardia immediata, il giudice si limita a una valutazione sommaria del caso, proprio perché l’urgenza impone di agire senza indugi. Vi è poi una seconda fase, più approfondita, rappresentata dal giudizio di merito. Qui si accertano in modo pieno e definitivo le ragioni delle parti: il giudice stabilisce se l’opera sia effettivamente lesiva e, in caso di sentenza favorevole a chi ha denunciato la nuova opera, può ordinare la demolizione o la riduzione dell’edificio, il ripristino dello stato preesistente e, ove necessario, il risarcimento del danno subito, per esempio se il denunciante ha patito conseguenze economiche a causa del proseguimento dei lavori autorizzato in via cautelare. La funzione di prevenzione riveste quindi un ruolo preminente. Il legislatore non vuole arrivare al punto in cui si è già prodotto il danno, ma intende permettere un intervento tempestivo capace di bloccare o regolare l’opera in fieri. Sotto il profilo temporale, la scadenza dell’anno dall’inizio dei lavori assume grande importanza. Se l’opera prosegue indefinitamente, senza che il legittimato attivo si muova, viene meno l’esigenza di una misura specifica come la denuncia di nuova opera, giacché la costruzione potrebbe anche essere già stata ultimata e consolidata, e a quel punto occorre agire con altri strumenti legali, quali l’azione di reintegrazione, la richiesta di abbattimento per violazione di distanze o servitù, oppure un’azione di danno temuto se il pericolo continua a sussistere per altre ragioni tecniche.
Non bisogna poi confondere la denuncia di nuova opera con la denuncia di danno temuto, anch’essa disciplinata dal codice civile, la quale serve a prevenire un pregiudizio derivante da edifici, alberi o situazioni già esistenti ma non correttamente mantenute (o da fatti naturali che generano ugualmente un rischio). Mentre la denuncia di danno temuto ha a oggetto strutture o fattori potenzialmente pericolosi già presenti, la denuncia di nuova opera si concentra su lavori in corso, non ancora completati, che potrebbero dar vita a un danno futuro. Entrambi gli istituti, tuttavia, condividono la stessa natura cautelare e preventiva, volta a scongiurare un pregiudizio prima che si manifesti.
Per quanto concerne la natura della condotta, la disposizione richiede che l’iniziativa intrapresa sul fondo proprio o su quello altrui abbia i connotati di una vera e propria opera costruttiva, anche di tipo parziale. Non è sufficiente, per esemplificare, un semplice deposito di materiali privo di una chiara finalità edificatoria. Secondo la dottrina e le sentenze che hanno affrontato questioni interpretative, occorrono concrete modificazioni del mondo esterno. In questo senso, la fase puramente preparatoria, come l’accumulo di attrezzi o la semplice pulizia del terreno, potrebbe non bastare, salvo che da queste attività risulti con sufficiente certezza l’intenzione di procedere a un intervento suscettibile di recare potenziali danni, per esempio uno scavo tale da compromettere la stabilità di un muro di confine.
Sul versante dell’azione giudiziaria, la procedura inizia mediante un ricorso depositato presso il tribunale competente del luogo in cui i lavori sono in corso. Il giudice, valutate in modo sommario le ragioni del ricorrente e la situazione di rischio, può disporre un provvedimento immediato: il blocco completo dei lavori o la loro prosecuzione, con imposizione di apposite cautele. Queste cautele possono consistere nell’obbligo di attuare un consolidamento, di rispettare determinate distanze, di installare ponteggi più sicuri o di adottare qualsiasi altra misura che scongiuri o riduca la probabilità di un danno futuro. È importante ricordare che la parte che subisce la sospensione o le limitazioni della propria attività ha diritto a un risarcimento qualora, in sede di merito, il giudice stabilisca che l’opposizione all’opera era infondata. D’altronde, se i lavori vengono permessi sotto condizione e, al termine del giudizio, il denunciante ottiene vittoria, questi può domandare la demolizione parziale o totale di quanto costruito, insieme all’eventuale risarcimento per i danni patiti durante la prosecuzione dell’opera.
La brevità del termine annuale rivela la natura essenzialmente conservativa e d’urgenza della denuncia di nuova opera. Trascorso un anno, la legge presume che l’attore abbia lasciato passare troppo tempo senza agire e che, pertanto, non sia più giustificato un intervento così radicale sulla nuova costruzione. Se, in questo lasso di tempo, il denunciante non si è attivato, egli dovrà far ricorso ad altri istituti giuridici maggiormente adatti a contestare la situazione ormai consolidata. A volte, però, stabilire con esattezza il momento in cui l’opera viene considerata “iniziata” non è semplice, perché può essere complicato capire se l’esecuzione vera e propria sia partita nel momento in cui sono stati recati i primi materiali nel cantiere o se si debba far riferimento a quando si manifestano le prime significative modificazioni dell’assetto del terreno. In ogni caso, la giurisprudenza prevalente ritiene che debbano sussistere attività che modificano concretamente la realtà circostante e che siano chiaramente indirizzate verso la realizzazione dell’opera, al di là di semplici preparativi o sopralluoghi.
La denuncia di nuova opera, dunque, si delinea come uno strumento energico, ma al tempo stesso strettamente legato a tempistiche e requisiti specifici. Da un lato, risulta molto utile per chi voglia evitare che lavori condotti da un vicino o da un terzo proseguano in assenza di adeguate garanzie; dall’altro, obbliga l’interessato a una rapida reazione, perché solo intervenendo tempestivamente si può sperare di bloccare o almeno di regolare ciò che è in corso d’opera. Se si agisce con ritardo, la costruzione potrebbe essere già conclusa o in stato avanzato, rendendo necessario un ricorso a procedure più lunghe e complesse

Fac Simile Denuncia di Nuova Opera Word
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