In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile subaffitto terreno agricolo Word e PDF editabile da compilare e stampare.
Si tratta di un fac simile che può essere utilizzato come esempio di contratto di subaffitto terreno agricolo.
Contratto di Subaffitto Terreno Agricolo
Il subaffitto di un terreno agricolo rappresenta una fattispecie contrattuale in cui un soggetto, definito subconcedente, si impegna a fare godere a un altro soggetto, detto subaffittuario, un fondo rustico per un periodo determinato e in cambio di un corrispettivo, allo scopo di consentirgli l’esercizio di un’attività agricola. Per comprendere appieno le implicazioni di tale contratto, è opportuno chiarire che il subconcedente non coincide con il proprietario del terreno, bensì è colui che a sua volta ne è affittuario in forza di un contratto di affitto stipulato con il primo concedente. In altre parole, l’affittuario originario (o conduttore) diventa a sua volta concedente nei confronti di un terzo, creando così un secondo rapporto contrattuale, parallelo ma collegato al primo.
L’ordinamento italiano non vede di buon occhio la sostituzione unilaterale del conduttore nei contratti di affitto di fondi rustici, specialmente laddove tale sostituzione avvenga senza il consenso del proprietario o primo concedente. L’affitto di un terreno agricolo non consiste solo nella possibilità di usufruire del fondo, ma spesso comprende anche elementi di fiducia, di destinazione e di corretta conduzione agraria, strettamente collegati alla persona dell’affittuario originario. Ecco perché la legge e la giurisprudenza sottolineano che l’obbligo di eseguire fedelmente il contratto si riferisce anche all’impegno a non cedervi subaffittando a terzi senza il consenso del proprietario. Tale restrizione assicura che il fondo rimanga nella sfera di gestione del conduttore scelto dal concedente, tutelando così la continuità del programma agricolo concordato. La Corte di Cassazione (sez. III, 07-01-2002, n. 112) ha affermato che la sostituzione del conduttore senza il consenso del locatore costituisce una violazione dell’obbligo di corretta esecuzione del contratto. Perché sorga un effettivo motivo di risoluzione del rapporto, è necessario però che il conduttore originario si sia distaccato in modo definitivo dal fondo, cessando la propria presenza effettiva e abituale sul luogo e la prestazione del suo lavoro, anche se svolto sotto forma di semplice direzione dell’azienda agricola. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, era risultato che si era verificato un vero e proprio scambio di fondi tra diversi conduttori, senza che il proprietario avesse prestato il necessario consenso, in palese violazione dell’articolo 21 della legge 203/1982.
Per comprendere meglio il quadro normativo, occorre poi richiamare l’attenzione su quanto stabilito dalla stessa legge 203/1982 riguardo agli effetti del subaffitto non autorizzato. In particolare, quando l’affittuario (conduttore originario) concede a terzi in subaffitto anche solo una parte del fondo, violando il divieto di legge, il proprietario può agire per ottenere la risoluzione del contratto in riferimento a quella porzione di terreno subaffittata. L’azione del concedente, tesa a far valere l’inadempimento e a chiedere la risoluzione, si basa sull’articolo 5 della legge 203/82, anche se si deve integrare con le previsioni contenute nell’articolo 21 della stessa legge. Secondo la giurisprudenza (Cassazione Civile, sez. III, 04-04-2001, n. 498), è irrilevante che il proprietario non abbia contestato l’inadempimento entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto a conoscenza, quando si tratti di un subaffitto parziale: in tali casi, infatti, il concedente potrà ottenere la risoluzione unicamente per la parte di fondo oggetto della cessione a terzi, salvaguardando il residuo contratto relativo alla superficie non interessata dal subaffitto. Al contrario, se il subaffitto non autorizzato riguarda l’intero fondo, quindi non solo una frazione, l’inosservanza del termine di quattro mesi entro cui il proprietario deve fare valere le proprie ragioni ha un diverso rilievo. In presenza di un subaffitto totale, il proprietario deve agire giudizialmente entro quel lasso di tempo, sia per la declaratoria di nullità del subaffitto sia per la risoluzione del contratto di affitto. Nel caso in cui trascuri di farlo, rischia di decadere dal diritto di esercitare tali azioni, come suggeriscono le pronunce di Cassazione Civile (sez. III, 22-11-1999, n. 12957), che evidenziano l’importanza di rispettare rigorosamente i termini fissati dalla legge.
In questa cornice, risulta fondamentale il dettato dell’articolo 21 della legge 3 maggio 1982 n. 203, che disciplina in modo specifico il divieto di subaffitto o subconcessione di fondi rustici. Esso attribuisce al locatore o concedente due azioni distinte in caso di violazione. Da un lato, è prevista l’azione di risoluzione del contratto contro l’affittuario, basata sull’inadempimento costituito dalla violazione del divieto di subaffitto. Tale azione trova fondamento negli articoli 5 e 21 della legge agraria e richiede un previo tentativo di conciliazione secondo l’articolo 46 della stessa legge, nonché il rispetto di un termine di decadenza di quattro mesi a partire dal momento in cui il concedente ha avuto conoscenza della violazione. È bene precisare che la decadenza viene evitata solo se, entro quei quattro mesi, si avvia effettivamente l’azione giudiziaria, mentre la sola promozione del tentativo di conciliazione non è sufficiente a bloccare il decorso del termine. Dall’altro lato, l’articolo 21 prevede la possibilità di agire contro il subaffittuario, chiedendo la dichiarazione di nullità del subaffitto e la conseguente restituzione del fondo. Anche in questo caso, vige l’obbligo del tentativo di conciliazione e il limite dei quattro mesi dalla conoscenza dell’infrazione, al di là del quale scatta la decadenza dall’azione stessa. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (13-11-1997, n. 11218) hanno chiarito la distinzione tra le due azioni: la prima, contro l’affittuario, mira a far valere l’inadempimento e la risoluzione, mentre la seconda, verso il subaffittuario, è finalizzata a ripristinare lo status quo ante mediante la declaratoria di nullità della subconcessione e la richiesta di riconsegna del terreno.
In tale contesto, le parti del rapporto principale (proprietario/concedente e affittuario) e il soggetto terzo (subaffittuario) assumono posizioni distinte ma coordinate, poiché l’eventuale nullità o risoluzione agisce a cascata su tutti i rapporti. È quindi essenziale che gli operatori agricoli che intendono sublocare o subaffittare un fondo verifichino le clausole contrattuali, acquisiscano un esplicito consenso del concedente e si attengano alle condizioni di legge: in caso contrario, rischiano di incorrere in un conflitto giudiziario il cui esito potrebbe comportare la risoluzione del contratto originario e la nullità di quello secondario.
La ratio di queste norme è da ricondursi, in parte, all’esigenza di evitare che un fondo rustico, con la sua specifica destinazione agricola, passi indiscriminatamente di mano da un conduttore a un altro, senza la supervisione del proprietario che, spesso, ha un interesse rilevante nella gestione diretta o indiretta dei terreni. Inoltre, la legge mira a scongiurare situazioni di sfruttamento o di mala gestione, che potrebbero derivare da una catena di subcontratti privi di controllo. L’affitto di un terreno agricolo comporta obblighi di custodia, di conduzione corretta e di valorizzazione del fondo, che possono essere seriamente compromessi se la cerchia degli utilizzatori si allarga in modo incontrollato.
Risulta essere dunque opportuno, in qualsiasi ipotesi di subaffitto, agire in modo trasparente e concordato: l’affittuario deve richiedere il consenso esplicito e scritto del concedente, ottenere un’autorizzazione che consenta di trasferire a un terzo il godimento del terreno e stipulare un nuovo contratto di subaffitto che rispetti le prescrizioni di legge, compreso l’obbligo di registrazione ove previsto. Se il proprietario intende permettere la subconcessione, ciò sarà generalmente indicato sin dall’inizio nel contratto di affitto, magari con opportune clausole che disciplinino termini, compensi e modalità di utilizzo del fondo da parte del subaffittuario. In assenza di una specifica clausola, occorre comunque una manifestazione di volontà del proprietario tesa a legittimare la nuova pattuizione, scongiurando il rischio di future contestazioni giudiziali.

Fac Simile Contratto di Subaffitto Terreno Agricolo Word
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