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Fac Simile Dichiarazione Conformità Caldaia Word e PDF

Aggiornato il 12/08/2025

In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile dichiarazione di conformità caldaia editabile da compilare e stampare.

Si tratta di un fac simile che può essere utilizzato come esempio di dichiarazione di conformità caldaia.

Dichiarazione di Conformità Caldaia

La dichiarazione di conformità della caldaia non è un documento che riguarda solo l’apparecchio, ma certifica la corretta realizzazione dell’impianto termico e, quando la caldaia è alimentata a gas, anche dell’impianto gas che la serve. È la tessera d’identità tecnica dell’intervento: attesta che l’installazione, la trasformazione o l’ampliamento sono stati eseguiti da un’impresa abilitata, secondo la regola dell’arte e nel rispetto delle norme tecniche applicabili. Il suo fondamento non si trova in una disciplina speciale caldaie, ma nel quadro generale degli impianti all’interno degli edifici delineato dal D.M. 22 gennaio 2008, n. 37. L’articolo 7 di quel decreto impone all’impresa che ha eseguito i lavori di rilasciare la dichiarazione al termine dell’intervento, dopo avere effettuato le verifiche e i collaudi di funzionalità previsti.

Conviene distinguere con nettezza due piani che spesso si sovrappongono nel linguaggio comune. La caldaia come prodotto entra sul mercato solo se il fabbricante ha svolto la valutazione di conformità e ha redatto la dichiarazione UE di conformità ai sensi del Regolamento (UE) 2016/426 sugli apparecchi a gas, apponendo la marcatura CE. Quella è la conformità del dispositivo, che riguarda la sicurezza e i requisiti essenziali dell’apparecchio. Altro è la conformità dell’installazione, che attiene al modo in cui la caldaia è stata integrata nell’impianto reale del tuo immobile, con collegamenti, scarichi, aerazioni e alimentazioni correttamente dimensionati: questa è certificata dalla dichiarazione di conformità rilasciata dall’impresa abilitata ai sensi del D.M. 37/2008. Le due conformità non si sostituiscono, si affiancano. Avere la carta del costruttore non basta a dimostrare che l’impianto è stato posato a regola d’arte nel luogo di utilizzo; avere la Di.Co. dell’installatore non dice nulla sulla conformità comunitaria del prodotto.

La forma e il contenuto della dichiarazione non sono lasciati alla fantasia dell’installatore. Dal 2010 si usano i modelli aggiornati approvati dal Ministero dello sviluppo economico, che integrano quelli allegati al D.M. 37/2008. In quei modelli trovano posto i dati dell’impresa e del suo responsabile tecnico, le generalità del committente, l’indirizzo dell’impianto, l’oggetto preciso dell’intervento e i riferimenti alle norme tecniche applicate. Non si tratta solo di una pagina firmata: la dichiarazione è inscindibile dai suoi allegati tecnici. Quando l’intervento ricade nei casi che impongono il progetto, occorre allegare il progetto redatto nei modi di legge; quando il progetto non è richiesto, vanno comunque allegati lo schema dell’impianto effettivamente realizzato e la relazione sulla tipologia dei materiali e dei componenti impiegati.

Il rilascio della dichiarazione spetta solo a imprese abilitate. L’articolo 3 del D.M. 37/2008 pretende che chi esegue e certifica sia iscritto nel registro imprese per gli impianti di cui si occupa e che abbia un responsabile tecnico con requisiti professionali specifici. Non è sufficiente che un artigiano “sappia fare”: la legge lega la validità dell’attestazione all’abilitazione formale. Per gli interventi sulla caldaia alimentata a gas, l’impresa deve essere abilitata per gli impianti termici e per gli impianti a gas; se l’opera coinvolge anche lo scarico dei prodotti della combustione, l’abilitazione deve coprire anche quel segmento. La regola dell’arte cui l’impresa dichiara di essersi attenuta è, in concreto, un insieme di norme tecniche di riferimento: per gli impianti domestici e similari fino a 35 kW la bussola è la UNI 7129, che disciplina progettazione, posa, ventilazione e scarico fumi; per potenze superiori guida la UNI 11528.

Non va trascurato il passaggio amministrativo successivo alla posa. L’articolo 11 del D.M. 37/2008 stabilisce che, quando si installa un nuovo impianto o si rifà un impianto esistente in edifici già agibili, l’impresa deve depositare entro trenta giorni la dichiarazione presso lo Sportello Unico per l’Edilizia del Comune dove si trova l’impianto, allegando il progetto quando esso è obbligatorio ai sensi dell’articolo 5 del decreto, oppure il certificato di collaudo ove sia previsto da specifiche norme. Non si deposita “sempre il progetto” e non si deposita “sempre un collaudo”: si depositano il progetto quando la legge lo richiede e il collaudo solo nelle ipotesi in cui una disciplina speciale lo pretende. È lo Sportello Unico che, ricevuta la pratica, trasmette copia alla Camera di commercio per i riscontri di competenza.

Accanto alla conformità dell’installazione dell’impianto, esiste l’universo manutentivo e di efficienza energetica che lo accompagna negli anni. Il D.P.R. 74/2013 regola l’esercizio, il controllo e la manutenzione degli impianti termici, mentre il D.M. 10 febbraio 2014 ha introdotto il libretto di impianto unico e i modelli di rapporto di controllo di efficienza energetica. Dopo l’installazione, o comunque alla prima occasione utile, l’impianto deve avere un libretto conforme e, quando ricorrono i presupposti, occorre redigere i rapporti di controllo, che in molte regioni vanno trasmessi a catasti informatici territoriali secondo modalità locali. Questi adempimenti non sostituiscono la dichiarazione di conformità, ma ne sono il naturale proseguimento: dicono che l’impianto, installato a regola d’arte, è stato mantenuto e verificato nel tempo secondo la disciplina vigente. Un profilo spesso decisivo nelle sostituzioni è quello dello scarico dei fumi. Cambiare generatore, specie passando a una caldaia a condensazione, significa adeguare anche il sistema di evacuazione dei prodotti della combustione, con materiali e geometrie compatibili e corretta gestione della condensa. La dichiarazione dell’impresa deve coprire anche questa parte, attestando che lo scarico è idoneo e posato secondo le distanze e le pendenze richieste.

Può capitare che per impianti esistenti non si trovi la dichiarazione di conformità originaria. Il D.M. 37/2008 conosce un rimedio, ma entro confini precisi: la dichiarazione di rispondenza, la Di.Ri. Questa non è un’alternativa generalizzata alla Di.Co. e non è uno strumento per regolarizzare interventi attuali. È ammessa soltanto per impianti realizzati prima del 27 marzo 2008, data di entrata in vigore del decreto. Inoltre, chi la sottoscrive cambia a seconda dei casi: quando l’impianto rientra tra quelli per cui la legge impone il progetto di un professionista, la Di.Ri. deve essere redatta da un professionista iscritto all’albo con almeno cinque anni di esperienza nel settore; negli altri casi può firmarla il responsabile tecnico di un’impresa abilitata con anzianità almeno quinquennale nello specifico ambito.

Il capitolo della responsabilità è la chiave che dà senso a tutto il sistema. Quando l’impresa abilitata firma la dichiarazione, si assume la responsabilità della conformità dell’opera eseguita alle norme e alle regole tecniche richiamate. Questo non significa che la Di.Co. ti esoneri come proprietario dai doveri di esercizio e manutenzione: significa che, a valle dell’intervento, esiste un documento che attribuisce a un soggetto qualificato la paternità tecnica delle scelte e delle esecuzioni svolte, con conseguenze anche sul piano assicurativo. Da qui discendono due consigli pratici che hanno ricaduta giuridica. Il primo è chiedere sempre, prima della firma del contratto, conferma scritta che l’impresa rilascerà la dichiarazione completa dei suoi allegati e verificare che l’abilitazione copra effettivamente il tipo di impianto da realizzare. Il secondo è conservare la dichiarazione insieme al libretto e ai rapporti di controllo, perché il fascicolo dell’impianto nasce con la Di.Co. e cresce con la manutenzione.

Ci sono poi due errori ricorrenti da evitare. Il primo è confondere il progetto con lo schema. Il progetto si deposita quando e perché la legge lo pretende, e, nei casi più rilevanti, deve essere firmato da un professionista iscritto all’albo; lo schema è sempre dovuto quando non c’è progetto e documenta come l’impianto è stato realizzato. Trattare lo schema come un surrogato del progetto, o pretendere un progetto quando la legge non lo impone, crea solo confusione. Il secondo errore è considerare la dichiarazione del costruttore della caldaia come sostitutiva della Di.Co. dell’installatore: non lo è, perché fotografia due piani diversi e complementari. La prima riguarda il prodotto immesso sul mercato, la seconda l’impianto messo in esercizio in casa tua.

Dichiarazione di Conformità Caldaia
Dichiarazione di Conformità Caldaia

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