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Si tratta di un fac simile che può essere utilizzato come esempio di mandato avvocato.
Mandato Avvocato
Il mandato all’avvocato è un tema che suscita sempre un certo interesse, poiché tocca aspetti fondamentali del rapporto tra il professionista e il cliente, dalla natura del contratto fino alle modalità con cui può essere conferito e revocato. La base normativa di riferimento per il mandato è data in primo luogo dall’articolo 1703 del codice civile, che definisce il mandato come un contratto in forza del quale una persona si impegna a compiere uno o più atti giuridici nell’interesse di un’altra. Nel caso dell’avvocato, ciò si traduce nell’assunzione della responsabilità di rappresentare e difendere il cliente, fornire consulenze, predisporre atti e, più in generale, curare tutte le attività proprie della professione legale. Questa caratteristica di operare per conto e nell’interesse di un’altra parte sottolinea l’importanza della fiducia reciproca: il cliente affida i propri interessi nelle mani del legale, il quale è tenuto a svolgere l’incarico con diligenza e professionalità.
La prima questione da chiarire riguarda il profilo economico del mandato. In linea generale, il codice civile stabilisce che il mandato si presume a titolo oneroso. Ciò significa che, se ne è provata l’esistenza, il mandatario, in questo caso l’avvocato, ha diritto a un compenso, salvo che da un accordo esplicito risulti il carattere gratuito della prestazione. Di conseguenza, chi afferma di non dover pagare ha l’onere di dimostrare che le parti avevano deciso di escludere la corresponsione di un compenso, concordando per la gratuità. Questa impostazione del legislatore mira a garantire la certezza dei rapporti economici che nascono dal mandato, evitando che si generino dubbi circa la necessità di corrispondere un onorario all’avvocato.
Un secondo aspetto di notevole rilievo concerne la forma del mandato, tema che diventa particolarmente delicato quando ci si riferisce al mandato conferito a un avvocato. In generale, il mandato non richiede necessariamente la forma scritta, a meno che l’atto o gli atti giuridici che il mandatario deve compiere non richiedano essi stessi una forma particolare per essere validi. Il codice civile impone la forma scritta per determinati contratti, come la compravendita immobiliare, il testamento pubblico o l’ipotesi di procura speciale per il trasferimento di diritti reali su immobili. Se il mandato ha a oggetto un atto che necessita obbligatoriamente di forma scritta, allora anche il mandato stesso deve seguire la medesima forma. L’esempio tipico è rappresentato dal conferimento di poteri per vendere un immobile a un terzo, dove occorre rivolgersi a un notaio per predisporre l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, a seconda dei casi previsti dalla legge. Questo non esclude che talvolta si possano dare mandati verbali per attività più semplici, come conferire l’incarico a un ingegnere di svolgere sopralluoghi o visure, oppure a un’agenzia immobiliare di cercare potenziali acquirenti per un immobile, senza necessariamente formalizzare l’accordo in un contratto scritto.
Quando l’incarico è conferito a un avvocato, occorre distinguere tra due macro aree di attività, quella stragiudiziale e quella giudiziale. L’attività stragiudiziale comprende tutte le prestazioni che l’avvocato svolge al di fuori di un processo, come la redazione di contratti, la consulenza su questioni legali, la partecipazione a trattative, l’assistenza nella richiesta di risarcimenti verso compagnie di assicurazione. In questo contesto, il mandato può essere validamente conferito anche in forma verbale, purché emerga chiaramente e in modo non equivoco la volontà di affidare all’avvocato il compito di svolgere una determinata prestazione. Accade spesso che la conferma di un incarico arrivi per via di comportamenti concludenti, come la consegna di documenti o la richiesta di un parere legale finalizzato a una determinata azione. Una volta che l’avvocato accetta di portare avanti il mandato e che il cliente gli affida i documenti necessari, si può considerare perfezionato l’accordo, con la conseguenza che ciascuna parte assume i propri obblighi: l’avvocato si impegna a svolgere la prestazione con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, mentre il cliente si obbliga a corrispondere il compenso. Anche se la legge obbliga il professionista a fornire al proprio assistito un preventivo scritto, la sua mancanza non invalida il rapporto contrattuale. Semplicemente, laddove sorga una contestazione sull’onorario, si farà ricorso ai parametri stabiliti dal D.M. n. 55/2014 per determinare in modo oggettivo la misura della parcella. Il discorso cambia quando l’attività dell’avvocato assume carattere giudiziale, vale a dire quando c’è l’avvio di una causa vera e propria di fronte all’autorità giudiziaria. In questo caso, si introduce la necessità di una procura processuale, che si appone solitamente alla fine o a margine dell’atto introduttivo del giudizio, come la citazione o il ricorso. La procura processuale è sempre scritta e non può mai essere verbale. Essa non serve a perfezionare il rapporto contrattuale tra avvocato e cliente, poiché, come abbiamo visto, quel rapporto può esistere anche in forma verbale ed essere già completo sotto il profilo degli obblighi reciproci. La procura processuale invece opera sul piano degli effetti che la causa e la sentenza producono: il cliente, attraverso la procura, attribuisce all’avvocato il potere di rappresentarlo in giudizio, così che ogni atto compiuto dal difensore e ogni conseguenza del processo ricadano sul mandante. Se l’avvocato si costituisse in giudizio senza procura, il rapporto processuale si instaurerebbe solo con lui, lasciando fuori la parte assistita. È evidente che, per evitare simili anomalie, la legge prescrive tassativamente la forma scritta della procura processuale. Questo documento, in sostanza, costituisce una manifestazione di volontà che impegna il cliente a subire o godere di tutti gli effetti derivanti dalla causa, e libera invece l’avvocato dal rischio di veder imputate a sé le conseguenze del giudizio.
Un altro aspetto significativo del mandato conferito all’avvocato riguarda la sua revocabilità. Il mandato, infatti, può essere revocato in qualsiasi momento dal mandante, indipendentemente dallo stato della prestazione. Questo rientra nel carattere fiduciario del rapporto tra cliente e avvocato: se vengono meno la fiducia o il soddisfacimento delle esigenze difensive, il cliente può sempre revocare l’incarico e affidarsi a un altro professionista. La revoca del mandato non richiede formalità particolari: può essere trasmessa verbalmente, per iscritto, via posta elettronica, in modo telefonico o in altra forma, purché sia chiara. In caso di controversie su quando o se la revoca sia stata comunicata, diventa essenziale poter fornire prova del momento in cui è stato effettivamente reso noto il recesso all’avvocato. Una volta che il mandato viene revocato, l’avvocato è tenuto a restituire al cliente tutti i documenti che ha acquisito nello svolgimento dell’incarico, oltre a fornirgli aggiornamenti sullo stato degli affari o del procedimento pendente, così da consentire il passaggio di consegne a un nuovo legale senza pregiudicare la difesa del cliente. In tali circostanze, inoltre, è frequente che l’avvocato emetta una parcella per l’attività già svolta sino a quel momento, indipendentemente dal fatto che il procedimento sia concluso o meno. Questo corrisponde a un principio di equità e di proporzionalità, per cui il professionista non può essere privato del compenso maturato prima della revoca, pur non essendo terminata la causa o la prestazione stragiudiziale.
La natura stessa del mandato e del rapporto con l’avvocato implica infine che questi debba operare nell’interesse del cliente, rispettando l’obbligo di diligenza e di competenza che la legge e le regole deontologiche impongono. Nell’eseguire il proprio incarico, l’avvocato deve agire secondo scienza e coscienza, valutando gli strumenti giuridici più appropriati e le strategie difensive più efficaci. Se il mandato prevede un’attività stragiudiziale, ad esempio la redazione di un contratto o una trattativa con la controparte, l’avvocato deve rappresentare con fedeltà le esigenze e gli obiettivi del cliente. In caso di attività giudiziale, invece, deve predisporre gli atti e partecipare alle udienze con competenza, rispettando i termini e le scadenze processuali, informando costantemente il cliente circa l’andamento della causa e i rischi che ne possono derivare. La violazione di tali doveri può comportare responsabilità in capo all’avvocato, soprattutto se si verifica un danno concreto all’assistito, come la decadenza da un termine perentorio o la perdita di un diritto in giudizio. Ciò non esclude che il cliente abbia comunque il dovere di collaborare con il proprio difensore, fornendo i documenti utili, informandolo correttamente sui fatti e sulle circostanze rilevanti, comunicando tempestivamente qualsiasi nuova informazione che possa avere rilievo ai fini della strategia difensiva o dell’accordo stragiudiziale.
L’interazione tra cliente e avvocato, disciplinata dalle norme sul mandato, rappresenta dunque un rapporto di natura contrattuale e di carattere fortemente fiduciario, con obblighi di trasparenza, correttezza e buona fede da entrambe le parti. Il cliente non può pretendere che il professionista raggiunga con certezza un determinato risultato, soprattutto in ambito giudiziario, dove la decisione finale spetta al giudice, ma può e deve aspettarsi che l’avvocato impieghi tutta la professionalità e la diligenza necessarie a tutelare il suo interesse. L’avvocato, dal canto suo, sa di doversi rendere disponibile a fornire chiarimenti sulla parcella e sui costi del procedimento, anche in virtù dell’obbligo stabilito dalla legge di fornire un preventivo scritto. Anche se, come detto, la mancanza di un preventivo non rende nullo il mandato, l’obbligo rimane come regola deontologica e indice di trasparenza, permettendo al cliente di valutare con cognizione di causa se procedere o meno in giudizio e quali spese attendersi.
Quando un mandato verbale diventa oggetto di controversie sull’entità del compenso, può rivelarsi opportuno ricostruire nel dettaglio tutte le circostanze che hanno portato alla formazione dell’accordo. Le conversazioni, i messaggi di posta elettronica, le chat, o persino le dichiarazioni rese dalle parti possono fornire la prova dell’esistenza e del contenuto del mandato, così da consentire al giudice di pronunciare un accertamento dell’onorario in base ai parametri. La stessa tutela del credito professionale dell’avvocato passa dunque anche dall’esatta ricostruzione del contenuto dell’incarico e della complessità della prestazione svolta.

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