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Fac Simile Risoluzione Contratto Preliminare di Compravendita Word e PDF

Aggiornato il 14/02/2025

In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile risoluzione contratto preliminare di compravendita Word e PDF editabile da compilare e stampare.

Si tratta di un fac simile che può essere utilizzato come esempio di risoluzione contratto preliminare di compravendita.

Risoluzione Contratto Preliminare di Compravendita

La risoluzione del contratto preliminare è uno dei temi di maggiore rilievo nell’ambito delle transazioni immobiliari e, più in generale, in tutti quei settori in cui i contraenti scelgono di vincolarsi a una futura stipula definitiva. È fondamentale distinguere la risoluzione dal recesso, non soltanto perché i due istituti trovano fondamento in norme diverse, ma anche perché i presupposti che legittimano l’uno o l’altro strumento divergono in modo sostanziale. Quando si parla di risoluzione, si fa riferimento al rimedio ordinario previsto dall’articolo 1453 del codice civile, invocabile quando uno dei contraenti non esegue la prestazione dovuta, rendendosi inadempiente all’obbligazione assunta. Si tratta di un rimedio che trova applicazione nei contratti a prestazioni corrispettive e, qualora venga richiesta la risoluzione, la parte non inadempiente può anche domandare il risarcimento del danno derivante dalla mancata esecuzione del contratto. Nel recesso, invece, non è sempre necessario che si verifichi un inadempimento: esso costituisce una facoltà, prevista o dalla legge (ex articolo 1373 del codice civile) o dagli stessi contraenti mediante un’apposita pattuizione, di sciogliere un contratto prima che ne sia iniziata l’esecuzione, o comunque prima che le obbligazioni reciproche abbiano trovato pieno adempimento. L’esempio più comune si riscontra nei casi in cui, nel contesto di un preliminare di compravendita, le parti inseriscano una clausola che consente di ritirarsi dall’impegno assunto mediante la perdita o la ritenzione della caparra confirmatoria, ai sensi dell’articolo 1385 del codice civile. È dunque un rimedio di natura diversa rispetto alla risoluzione, pur condividendo con quest’ultima l’obiettivo di porre fine al vincolo negoziale.

La differenza tra i due istituti appare ancora più rilevante se si considera la recente evoluzione giurisprudenziale che ha messo in luce la possibilità, per la parte non inadempiente, di agire in via concorrente o alternativa sia chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni, che scegliendo il recesso, con il conseguente diritto alla restituzione o alla ritenzione della caparra confirmatoria. Questa apertura ha portato a una sorta di doppio binario per il soggetto leso, il quale può valutare, a seconda delle circostanze, se gli convenga di più far accertare l’inadempimento e ottenere un risarcimento, oppure recedere dal contratto ed esercitare il diritto relativo alla caparra. L’esistenza di un preliminare di compravendita, peraltro, non priva le parti dei rimedi appena menzionati, anzi li rende particolarmente significativi. Il preliminare, infatti, ha la funzione di predisporre il successivo definitivo e obbliga i contraenti alla futura stipula. Con riferimento all’oggetto, la Corte di Cassazione ha chiarito che il preliminare si distingue dal definitivo in quanto, nel primo, la volontà delle parti non è volta a trasferire immediatamente la proprietà o un diritto reale, ma a vincolarsi a un ulteriore passaggio contrattuale in un momento futuro. Questo non significa che il preliminare non sia fonte di obblighi e di effetti giuridici, anzi: laddove sia stipulato nelle forme previste dall’ordinamento (in forma scritta, ai sensi dell’articolo 1351 del codice civile, se il definitivo richiede la forma scritta ad substantiam) e venga trascritto in base all’articolo 2645-bis del codice civile, esso diventa opponibile a terzi entro i limiti temporali stabiliti dalla legge. Il preliminare di compravendita di un immobile, quindi, non è un documento meramente preparatorio privo di effetti, ma rappresenta un accordo vincolante sotto molteplici profili, tanto che la sua eventuale risoluzione ha riflessi delicati.

Nell’affrontare la risoluzione di un preliminare, occorre tenere presente che la forma scritta prescritta per la validità del contratto definitivo, se si tratta di compravendita immobiliare, si riflette anche sul preliminare stesso, pena la nullità. Allo stesso modo, se le parti intendono sciogliere il preliminare di mutuo consenso, dovranno farlo in forma scritta, seguendo la regola posta dall’articolo 1372 del codice civile e dal consolidato orientamento della Corte di Cassazione. Le Sezioni Unite hanno ribadito che, quando un contratto preliminare comporta obblighi rilevanti sull’assetto dei diritti reali immobiliari, anche l’eventuale accordo risolutorio deve rivestire la medesima forma scritta. È quindi nullo un accordo verbale che dichiari sciolto il preliminare, perché contrasta con la necessità di rispettare la forma ad substantiam che già grava sul negozio originario. Questo principio ha un’incidenza concreta notevole: se un acquirente e un venditore decidono verbalmente di non proseguire nella compravendita e si comportano conseguentemente, ma non formalizzano la risoluzione per iscritto, il contratto preliminare sussiste ancora in termini giuridici. In tal caso, la parte che intende proseguire nell’affare, anziché ritenere risolto il vincolo, potrà agire con lo strumento dell’articolo 2932 del codice civile, chiedendo al giudice una sentenza che produca gli effetti del contratto definitivo non concluso. La parte intenzionata a ottenere il trasferimento avrà, come ulteriore requisito, l’obbligo di adempiere la propria prestazione o di offrirla nei modi di legge, se essa era già esigibile. Se, invece, il pagamento del prezzo era fissato, per accordo contrattuale, al momento della stipula del definitivo (o successivamente), la prestazione diviene dovuta soltanto al momento in cui si produce l’effetto traslativo stabilito dal giudice nella sentenza.

In quest’ottica, la risoluzione del preliminare, specie se si tratta di inadempimento colpevole di una delle parti, segue le regole ordinarie previste dal codice civile. È innegabile che, di frequente, le controversie sorgano sulla valutazione della gravità dell’inadempimento e su quale rimedio adottare per tutelare la parte lesa. È qui che si innesta la scelta fra la richiesta di risoluzione e l’eventuale esercizio del recesso, se contrattualmente o legalmente consentito. La risoluzione, se riconosciuta dal giudice, comporta la cessazione del contratto preliminare e la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni subiti, i quali includono le spese sostenute, gli oneri correlati, le eventuali occasioni perdute, secondo quanto provato in giudizio. Il recesso, di contro, può essere fatto valere in modo più immediato, purché vi sia una clausola espressa o un’apposita disposizione di legge, e comporta, in caso di contratti con caparra confirmatoria, il diritto alla ritenzione (se a recedere è la parte che ha ricevuto la caparra) o il diritto di esigere il doppio della caparra (se a recedere è la parte che l’ha versata). Tale diritto si configura, appunto, quale conseguenza naturale del recesso, e non richiede necessariamente l’accertamento dell’inadempimento in termini di colpa o di gravità, salvo che il contratto stesso non preveda condizioni particolari.

La connessione tra preliminare e definitivo fa in modo  che, una volta intervenuto il contratto finale, esso assorba e superi il preliminare in quanto l’accordo successivo diviene l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al trasferimento. Diverso è, però, il caso in cui il definitivo non venga mai stipulato a causa di un comportamento inadempiente o perché le parti intendono sciogliersi di comune accordo. Qui la risoluzione del preliminare assume rilievo tanto sotto il profilo degli effetti patrimoniali, quanto sotto quello della disponibilità del bene, soprattutto se il preliminare è stato trascritto. In tal caso, la trascrizione produce conseguenze anche rispetto a terzi interessati, garantendo una forma di tutela temporanea a chi risulti parte del preliminare. Ciò mette in luce come la risoluzione debba avvenire nel rispetto della forma scritta per essere opponibile erga omnes e per evitare che la trascrizione resti a gravare sull’immobile. Ove l’accordo risolutorio fosse valido e trascritto a sua volta, si porrebbe fine all’annotazione del preliminare e al rischio di contenziosi futuri.

È opportuno sottolineare che la risoluzione di un preliminare può essere chiesta non soltanto per inadempimento totale, ma anche in caso di impossibilità sopravvenuta imputabile alla parte obbligata, oppure per eccessiva onerosità sopravvenuta, sebbene quest’ultima abbia un’applicazione pratica meno frequente in ambito immobiliare. In ogni caso, il presupposto è che sussista un vero e proprio contratto preliminare, redatto nel rispetto dei requisiti di forma e dei presupposti di validità. Se il preliminare fosse nullo ab origine, infatti, non sarebbe necessaria la risoluzione, perché l’atto sarebbe inesistente o inefficace sin dall’inizio. Per questo motivo, nella prassi, prima di intentare azioni giudiziali si verifica con attenzione la natura del vincolo, l’eventuale violazione della forma scritta, la presenza di una clausola di recesso e la gravità dell’inadempimento.

Risoluzione contratto preliminare di compravendita
Risoluzione contratto preliminare di compravendita

Fac Simile Risoluzione Contratto Preliminare di Compravendita Word

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