In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile lettera di richiesta differenze retributive Word e PDF editabile da scaricare e compilare.
Si tratta di un modello che può essere utilizzato come esempio per scrivere una richiesta di Differenze Retributive.
Richiesta di Differenze Retributive
La retribuzione rappresenta il corrispettivo della prestazione lavorativa effettivamente fornita dal lavoratore al suo datore di lavoro. Si tratta di un principio costituzionalmente riconosciuto all’articolo 36, che sancisce il diritto del lavoratore a ricevere una retribuzione che sia proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto, ma sempre sufficiente ad assicurare alla sua famiglia e a sé stesso una vita libera e dignitosa.
Quello dell’articolo 36 della Costituzione è uno dei cardini del diritto del lavoro, la cui violazione affolla le aule dei tribunali, nelle quali molti lavoratori chiedono la condanna al pagamento delle differenze retributive ai propri datori di lavoro.
Il diritto del lavoratore a ricevere una giusta retribuzione viene riconosciuto dalla nostra Costituzione come diritto inviolabile di ogni uomo. È importante sottolineare che giusta retribuzione significa retribuzione parametrata all’effettivo lavoro svolto, indipendentemente dalle indicazioni contenute nelle buste paga o nel contratto di lavoro. Questo significa che se il lavoratore ha svolto mansioni di grado superiore rispetto a quelle indicate nel contratto di lavoro, ore di lavoro straordinarie, lavoro in giornate festive, se non avesse percepito tredicesima o quattordicesima nella misura congrua, almeno 26 giorni di ferie all’anno, scatti di anzianità e TFR secondo le previsioni di legge, egli ha diritto a ottenere il pagamento delle differenze retributive maturate nel corso del suo rapporto di lavoro, utilizzando uno degli strumenti messi a disposizione dal legislatore.
Questo significa che se il lavoratore decide di andare in giudizio, dovrà provare con documenti, testimoni e altri mezzi di prova disponibili come si sono svolti i fatti, mentre il datore di lavoro, per difendersi e opporsi in modo valido alle richieste avanzate dal suo dipendente, dovrà provare con copie di bonifici, assegni e ricevute di pagamento di aver effettuato tutti i pagamenti dovuti. Insomma, al giudice non basterà vedere buste paghe firmate dal lavoratore, fogli presenze o contratto di lavoro regalmente sottoscritto, ma dovrà provare che ha eseguito ciò che viene indicato al suo interno.
Per poter parlare di differenze retributive, occorre spiegare preliminarmente cos’è la retribuzione minima spettante al lavoratore. Si tratta dell’entità della paga fissata dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro di Categoria e varia in base al tipo di contratto applicabile, alle mansioni svolte concretamente e alla qualifica del lavoro. Su questa base verrà calcolata la parte di retribuzione per differenza spettante, ma non corrisposta, nel corso degli anni. In pratica, sebbene le parti fissino la retribuzione liberamente, è necessario rispettare un limite minimo conosciuto come paga base, fissato all’interno dei contratti collettivi.
Tale quota minima è soggetta a variazioni in aumento grazie al passaggio di qualifica del lavoratore o nelle ipotesi di rinnovo del contratto collettivo nazionale. Non solo, la busta paga può prevedere anche scatti di anzianità: si tratta di alcune voci retributive previste dal Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro di Categoria (CCNL) che vano erogate quando il lavoratore compie una specifica anzianità di servizio.
Se si analizza la busta paga, è possibile trovare anche altri elementi eventuali come i superminimi, cioè somme stabilite tra lavoratore e datore nel contratto individuale e definite superminimi individuali; mentre i superminimi collettivi sono somme di denaro che vengono determinate nella contrattazione aziendale. Attenzione solo ai casi disciplinati dai contratti collettivi nei quali il superminimo non può essere inglobato tra gli aumenti eventuali della paga base. In tali ipotesi, sebbene vi sia un aumento della paga, il lavoratore ha sempre diritto a percepire il superminimo, soprattutto quando tale somma diventa un valore aggiunto connesso a specifici meriti della risorsa.
Ricordiamo che la busta paga può contenere diverse indennità espressamente previste dal Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro di Categoria. Esse hanno il compito di remunerare il carico di lavoro maggiore eseguito. Tra le voci più importanti possiamo trovare
-le indennità per il lavoro domenicale o festivo
-il compenso per lo straordinario svolto
-l’indennità per le trasferte concordate con il datore di lavoro
-l’indennità di cassa.
Oltre alle indennità in denaro, vi sono dei contratti collettivi che contemplano forme alternative di retribuzione in natura: si tratta di remunerazioni per lo svolgimento del lavoro domestico, il vitto, l’alloggio o il servizio di mensa. Attenzione, però, che se il datore di lavoro non eroga quei servizi contemplati dal contratto collettivo, non può retribuire un’indennità sostitutiva degli stessi perché l’una è propedeutica all’altra.
Per completezza di discorso, occorre parlare di alcuni elementi della retribuzione definiti aggiuntivi, meglio conosciuti con il nome di Fringe benefits, che hanno una funzione sia integrativa del compenso che incentivante, perché spronano il lavoratore a produrre sempre di più. A titolo esemplificativo, possono essere Fringe benefits il cellulare, l’autovettura, l’abitazione o la stipula di specifiche polizze.
Troviamo poi i premi e le mensilità aggiuntive.
I premi aziendali sono espressamente previsti dai contratti collettivi di categoria e sono legati al livello produttivo dell’azienda, per questo vengono definiti premi di produzione. Essi vengono percepiti dal lavoratore al conseguimento di una determinata anzianità: si tratta dei premi fedeltà e del rendimento, nei casi di contratti collettivi del credito e delle assicurazioni.
Discorso diverso va fatto per i compensi a periodicità plurimensile, dal momento che non sono erogabili nella busta paga mensilmente. Si tratta della tredicesima mensilità e della quattordicesima mensilità che il legislatore ha previsto in modo obbligatorio per alcuni rapporti di lavoro.
La tredicesima mensilità, conosciuta anche come gratifica natalizia, viene corrisposta solo una volta all’anno nel periodo di Natale e viene regolata in modo specifico nei contratti collettivi o secondo gli usi aziendali, quando sono più favorevoli al lavoratore.
L’importo della tredicesima corrisponde a una singola mensilità, ma prende in considerazione per il calcolo solo gli elementi retributivi. Tale principio viene derogato solo quando il contratto collettivo prevede in modo espresso l’obbligo di calcolo di altre voci.
È bene specificare che per ricevere l’intero importo della tredicesima occorre che la risorsa abbia prestato il suo servizio in modo ininterrotto per tutto l’anno. Nei casi di cessazione, interruzione, o assenze ingiustificate, invece, verranno pagati i dodicesimi in base ai mesi di lavoro svolto.
La quattordicesima mensilità è prevista solo in alcuni contratti collettivi e rappresenta una gratifica ferie. Di solito la misura contemplata dai contratti collettivi è di una percentuale della paga mensile in corso o di una mensilità della retribuzione totale di fatto.
Come anticipato, le differenze retributive sono le somme che spettano al lavoratore per lo svolgimento della sua attività lavorativa e che egli chiede perché nel corso del rapporto non gli sono state corrisposte integralmente.
Nello specifico, teli differenze retributive possono avere ad oggetto
-I casi in cui il datore non abbia riconosciuto il passaggio a un livello superiore o a una qualifica diversa come previsto espressamente dai CCNL;
-L’erogazione da parte del datore di una retribuzione più bassa rispetto a quella prevista dal relativo CCNL di categoria;
-La non erogazione di parte o di tutto il TFR alla conclusione del rapporto lavorativo
-Le differenze di retribuzione causate dalla non applicazione degli scatti di anzianità spettanti alla risorsa per i motivi previsti dalla legge
-Il mancato versamento delle ore di lavoro straordinario svolte dal lavoratore.
Quando il lavoratore si accorge di trovarsi in una di queste situazioni, può chiedere le differenze retributive che gli spettano, ricorrendo anche al giudice del lavoro quando sia stato proposto un accordo che non ha avuto esito positivo.
Ovviamente, per poter fare istanza è necessario elaborare un vero e proprio conteggio da parte di consulenti del lavoro specializzati, chiamati a eseguire i calcoli in base a tutte le somme spettanti al lavoratore secondo le previsioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di Categoria, all’inquadramento lavorativo e al monte ore effettivamente impiegate per lavorare.
In tutti i casi sopra indicati il lavoratore deve ricorrere a un avvocato per contestare al datore di lavoro le voci retributive con gli importi relativi che risultano non pagati.
La contestazione scritta verrà inoltrata al datore di lavoro con raccomandata o via PEC. In caso di inerzia del datore, l’avvocato potrà chiedere al Tribunale competente di emettere un’ingiunzione di pagamento con decreto, o attivare un tentativo di conciliazione.
Quest’ultimo strumento è facoltativo, ma se il datore di lavoro accetta l’accordo, viene esperito innanzi al sindacato o all’ispettorato territoriale del lavoro ai sensi dell’412-ter c.p.c.. Un’altra possibilità di risoluzione è rappresentata dalla negoziazione assistita esperibile dagli stessi avvocati, introdotta dalla riforma della giustizia civile con la legge numero 106 del 2021 e operativa a partire dal 30 giugno 2023.
In ultima analisi, il lavoratore potrà decidere di promuovere un vero e proprio processo innanzi al Tribunale del lavoro, che emetterà un ordine di pagamento (ingiunzione di pagamento) basandosi sulle prove scritte del credito prodotte dal lavoratore, senza far partecipare l’azienda al procedimento.
Emesso il decreto ingiuntivo, che è un credito certo ed esigibile, il datore di lavoro ha 40 giorni di tempo per pagare o per opporsi, aprendo così un nuovo giudizio ordinario. In sede di emissione del decreto ingiuntivo, il giudice deciderà per la provvisoria esecutività o meno dell’ordine di pagamento, in base all’urgenza del caso e alle prove prodotte.
Una questione molto delicata che riguarda i diritti retributivi è quella della prescrizione. Prima di intentare una causa, infatti, il lavoratore deve verificare insieme al suo legale l’eventuale intervento della prescrizione dei crediti retributivi.
Se, infatti, il diritto è prescritto, il lavoratore non ha più diritto alla richiesta perché vi è la sua totale estinzione. La prescrizione normalmente inizia a decorrere, secondo l’articolo 2934 del codice civile, dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.
Con specifico riferimento ai crediti retributivi, il codice civile contempla tre diversi tipi di prescrizione
-Prescrizione ordinaria decennale, si tratta della prescrizione ordinaria di 10 anni che viene riconosciuta dalla giurisprudenza come periodo per
a) far valere i propri diritti al passaggio di competenze e qualifica
b) per ottenere le erogazioni una tantum, per conseguire il risarcimento del danno per omesso versamento, totale o parziale, dei contributi di lavoro
c) per chiedere il risarcimento del danno contrattuale e il versamento delle indennità sostitutive per riposi settimanali e ferie non godute
d) per il diritto all’accertamento e verifica della natura subordinata del rapporto di lavoro
e) per il riconoscimento del rapporto di lavoro come contratto a tempo indeterminato e non a termine.
-Prescrizione quinquennale estintiva, o breve: ha ad oggetto i crediti dotati di natura retributiva contraddistinti dalla periodicità. Parliamo della paga settimanale, quindicinale o dello stipendio mensile, ma anche di tutte quelle indennità che il lavoratore ha diritto a ricevere ex articolo 2948 del codice civile per la cessazione del rapporto lavorativo.
-Prescrizione di 1 anno e di 3 anni: viene detta anche prescrizione presuntiva, basata sulla presunzione che il credito lavoratore si sia estinto perché è trascorso un certo lasso di tempo. Questa ipotesi si applica normalmente ai rapporti di lavoro che prevedono una retribuzione con cadenza massima mensile e si riferisce agli errori che vengono commessi nei calcoli per il computo della busta paga. Come previsto dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 26246 del 2022, la prescrizione presuntiva di 3 anni, invece, si applica alle retribuzioni che vengono corrisposte con una frequenza superiore a un mese, come succede per la tredicesima mensilità, la quattordicesima mensilità e le retribuzioni aggiuntive ammesse e disciplinate dalla legge.
Un particolarità della prescrizione di 1 anno riguarda l’articolo 2955 del codice civile che ha ad oggetto il diritto degli insegnanti alla retribuzione di quelle lezioni che danno a giorni, a mesi o a ore o il diritto dei prestatori di lavoro a essere retribuiti per i periodi di lavoro che non superano i 30 giorni.
Non bisogna dimenticare che la prescrizione inizia a decorrere, normalmente, dal giorno in cui il diritto dell’avente diritto può essere fatto valere e cioè dal giorno in cui il datore di lavoro non rispetta i doveri e gli obblighi che discendono dal contratto di lavoro. Ciononostante, succede spesso che il lavoratore subordinato, intimorito dalle ritorsioni del suo datore di lavoro, rinunci a far valere i suoi diritti.
Il problema più frequente che viene in rilievo quando si parla di prescrizione, è l’individuazione del suo termine iniziale.
Per fare chiarezza, occorre in primo luogo differenziare i crediti di natura retributiva e quelli che, invece, non lo sono.
Quando il lavoratore decide di far valere i crediti che nascono dal rapporto di lavoro come, ad esempio, le differenza retributive, il pagamento dei contributi o della retribuzione, la decorrenza dei termini varia in base alla stabilità del rapporto di lavoro. Se, infatti, si tratta di una rapporto di lavoro stabile, che garantisce al lavoratore subordinato anche una tutela in caso di licenziamento ingiustificato, la prescrizione dei crediti retributivi decorre nel corso del rapporto. Se, al contrario, il rapporto non garantisce la stabilità di cui sopra, interviene la sospensione della prescrizione, che inizia a decorrere quando il rapporto di lavoro cessa. Ne consegue la possibilità per il lavoratore di rivendicare i propri diritti solo quando il rapporto di lavoro termina e sempre nel rispetto dei termini previsti dalla legge.
Se si tratta di diritti non retributivi e cioè diritti differenti dalle spettanze dovute alla risorsa come la retribuzione, il riconoscimento di qualifiche superiori, il risarcimento seguente ad infortunio sul posto di lavoro, il risarcimento per omissione nel versamento dei contributi o del danno da demansionamento, la prescrizione inizia a decorrere durante il regolare rapporto di lavoro sempre e senza alcuna deroga.
Modello Richiesta Differenze Retributive Word
Il fac simile lettera richiesta di differenze retributive può essere scaricato e compilato con i dati mancanti seguendo le indicazioni fornite in precedenza.
Fac Simile Richiesta Differenze Retributive PDF Editabile
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