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Come Scrivere un Preliminare di Compravendita tra Privati
Il compromesso, noto anche come contratto preliminare di vendita, rappresenta una tappa importante nell’acquisto di un immobile. Si tratta di un vero e proprio contratto attraverso il quale le parti, denominate rispettivamente promissario acquirente, cioè chi acquista, e promittente alienante, cioè chi vende, si obbligano a stipulare una futura compravendita in un momento successivo.
Il preliminare di vendita ha effetti obbligatori: determina l’impegno per i contraenti di prestare il consenso al momento della futura vendita. Gli effetti reali e obbligatori tipici della compravendita, come il trasferimento della proprietà, il pagamento del prezzo e la consegna del bene, si producono invece solo con la stipula del contratto definitivo.
Durante il compromesso, le parti sottoscrivono dunque un contratto in cui si impegnano a concludere il contratto di vendita definitivo in un momento successivo. Questa prassi è molto diffusa poiché consente di soddisfare due esigenze principali. Innanzitutto, permette alle parti di vincolarsi reciprocamente per il futuro, garantendo che nessuna di esse possa sottrarsi alla stipula del contratto definitivo senza doverlo concludere immediatamente. Inoltre, offre la possibilità di sfruttare l’intervallo di tempo tra il preliminare e il definitivo per espletare una serie di adempimenti preliminari e funzionali alla vendita, come la richiesta di un mutuo per l’acquisto dell’immobile o l’organizzazione del trasloco.
La legge non prevede una disciplina specifica per il contratto preliminare, limitandosi a prescrivere che debba avere la stessa forma del contratto definitivo, a pena di nullità (art. 1351 c.c.). Pertanto, la disciplina del preliminare si desume dalle norme generali sui contratti e, in particolare, dalle disposizioni relative alla specifica tipologia di contratto definitivo cui il preliminare è strumentale, in questo caso la compravendita immobiliare.
Gli elementi essenziali che il preliminare di vendita immobiliare deve contenere sono il consenso delle parti, la forma scritta, l’esatta indicazione del bene immobile oggetto di vendita (comprensiva di indirizzo, tipologia, dati catastali) e il prezzo. È evidente che un contenuto dettagliato ed esaustivo del preliminare riduce al minimo i dubbi che potrebbero sorgere al momento della stipula del contratto definitivo.
Per quanto riguarda la forma, il contratto preliminare deve avere la stessa forma del definitivo per essere valido. Nel caso di vendita immobiliare, l’articolo 1350, primo comma n. 1 c.c., stabilisce che i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili devono essere redatti per atto pubblico o scrittura privata, a pena di nullità. Le parti possono quindi procedere autonomamente mediante scrittura privata o rivolgersi a un notaio per concludere il compromesso per atto pubblico o scrittura privata autenticata. Quest’ultima opzione è obbligatoria se il preliminare riguarda immobili da costruire o in corso di costruzione (D. Lgs. n. 122/2005, art. 6). Nonostante non sia sempre obbligatoria, la stipula del compromesso in sede notarile offre maggiori garanzie alle parti, soprattutto al promissario acquirente.
Le parti hanno la facoltà di arricchire il contenuto minimo del contratto preliminare inserendo clausole aggiuntive, note come clausole accessorie. Queste clausole non sono indispensabili per l’esistenza del contratto, ma una volta incluse possono influenzarne validità ed efficacia, spesso a tutela di una o entrambe le parti contraenti.
Una clausola frequente riguarda il termine per la stipula del contratto definitivo. Le parti solitamente indicano una data entro cui sottoscrivere il successivo contratto di compravendita, delimitando temporalmente il proprio impegno reciproco. Di regola, il termine previsto nel preliminare non è considerato essenziale, a meno che dalle espressioni utilizzate, dall’oggetto e dalla natura del contratto non emerga una volontà inequivocabile di qualificarlo come tale.
Un’altra clausola comune è quella relativa alla caparra (art. 1385 c.c.). Spesso il promittente venditore richiede al promissario acquirente il versamento di una somma di denaro come conferma della serietà dell’impegno assunto, detta caparra confirmatoria. Se tutto procede regolarmente, la caparra viene restituita o imputata al pagamento del prezzo nel contratto definitivo. Se invece una delle parti non adempie alle obbligazioni previste dal preliminare, l’altra parte può recedere dal contratto, trattenendo la caparra ricevuta o esigendo il doppio dell’importo versato. La caparra può anche essere prevista come corrispettivo della facoltà di recesso dal contratto, nota come caparra penitenziale. In questo caso, la parte che decide di recedere rinuncia alla caparra versata o deve restituire un importo doppio.
Infine, le parti possono inserire una clausola penale (art. 1382 c.c.), prevedendo che in caso di inadempimento totale o parziale di una di esse, l’inadempiente sia tenuto a pagare una somma di denaro predeterminata, la cosiddetta “penale”. Questa somma è stabilita a titolo di risarcimento del danno, escludendo la possibilità di richiedere ulteriori danni, salvo diversa previsione espressa. A differenza della caparra, la penale può essere applicata anche per il semplice ritardo nell’adempimento della prestazione, ad esempio per ogni giorno di ritardo rispetto alla data fissata per la stipula del contratto definitivo
Come già accennato, il termine per la stipula del contratto definitivo non rappresenta un elemento essenziale del compromesso, anche se solitamente le parti lo prevedono per circoscrivere temporalmente le reciproche obbligazioni. Perà, può accadere che le parti scelgano di non menzionarlo. in tal caso, ci si potrebbe chiedere come orientarsi e quando è possibile richiedere l’esecuzione della prestazione.
Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 2700/1956, Cass. sez. III n. 19414/2010, Cass. sez. III n. 15796/2009), la Corte di Cassazione ha affermato che, se nel preliminare non è indicato un termine per adempiere, la parte interessata può esigere l’esecuzione immediata della prestazione (Cass. Sez. II Civile, sent. n. 21647/2019). Si applica quindi il principio previsto all’articolo 1183, primo comma, del Codice Civile, secondo cui, se non è fissato un termine per l’adempimento, il creditore può esigerlo immediatamente.
Questa immediatezza deve però essere interpretata in relazione allo specifico rapporto in esame: spetterà infatti al giudice, chiamato a dirimere la controversia sorta a seguito dell’inadempimento, valutare la congruità del tempo intercorso tra il preliminare e la richiesta avanzata, alla luce dei parametri stabiliti dall’articolo 1183, secondo comma, del Codice Civile.
Supponiamo invece che le parti, come spesso accade, abbiano fissato il termine entro il quale sottoscrivere il contratto definitivo dal notaio e che, per una serie di circostanze, non sia possibile rispettarlo.
Ci si potrebbe chiedere anche se la data prevista per il rogito può essere posticipata, cioè se è ammesso un differimento oppure il termine concordato deve ritenersi perentorio.
Anche in questo caso interviene la Cassazione; la Corte ha chiarito che, in tema di preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipula del contratto definitivo non è, di regola, da ritenersi essenziale (Cass. ord. n. 9226/2020), e quindi inderogabile. In particolare, espressioni come “entro e non oltre il…” o formule di tenore analogo non configurano la previsione di un termine essenziale.
Il termine potrà essere considerato essenziale solo quando, all’esito di un’indagine riservata al giudice di merito, da condurre alla luce delle espressioni utilizzate dalle parti e soprattutto della natura e dell’oggetto del contratto, emerga l’inequivocabile volontà delle parti di considerare ormai persa l’utilità economica dell’accordo a causa del decorso infruttuoso del termine. Si tratta quindi di un’ipotesi residuale, l’unica in cui il mancato rispetto del termine indicato nel preliminare può legittimare lo scioglimento del contratto.
Negli altri casi, si deve ritenere che, in presenza di un impedimento oggettivo che impedisca di rispettare la data del rogito, ciascuna parte possa chiedere una proroga, purché il differimento sia giustificato e congruo, oltre che inidoneo a pregiudicare l’utilità della prestazione.
Un’altra domanda frequente riguarda la necessità di registrare il preliminare di vendita. La risposta è affermativa, anche se è opportuno distinguere il profilo fiscale da quello strettamente civilistico. A differenza di quanto accade con altre tipologie di contratti, come quelli di locazione, il preliminare, sempre che sia corredato di tutti gli elementi essenziali, resta valido ed efficace anche se non viene registrato, vincolando le parti alla stipula del definitivo.
La registrazione rappresenta infatti un adempimento prescritto a fini esclusivamente fiscali (D.P.R. 131/1986, Tariffa parte 1, articolo 10), la cui inosservanza espone le parti alle conseguenti sanzioni, ma non impedisce al contratto di produrre i suoi effetti obbligatori e data.
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